- IL NARRATORE A LIVELLO DEI PERSONAGGI.
Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre col sentirgli dir sempre a quel modo aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo
COMMENTO
Il famoso incipit del racconto, condotto alla maniera verista secondo una voce collettiva non meglio identificata ed identificabile, serve a chiarire sin da subito la prospettiva attraverso cui viene narrata la vicenda di Malpelo.
Verga insomma, per usare l' espressione del critico Guido Baldi, “regredisce” volutamente al livello della mentalità popolare per riprodurne la visione del mondo (che ritiene Malpelo “malizioso e cattivo”, e quindi rosso di capelli) e le convenzioni linguistiche, come la preferenza per la sintassi paratattica che abolisce i nessi subordinanti, la ricorrenza del “che” con molteplici funzioni logiche, la mimesi del parlato (e cioè l'imitazione della sintassi e dell'andamento logico del registro orale) e l’uso insistito di proverbi e modi di dire tipici del siciliano.
- L'INATTENDIBILITA' DEL NARRATORE.
Dopo la morte del babbo pareva che gli fosse entrato il diavolo in corpo, e lavorava al pari di quei bufali feroci che si tengono coll’anello di ferro al naso. Sapendo che era malpelo, ei s’acconciava ad esserlo peggio che fosse possibile, e se accadeva una disgrazia, o che un operaio smarriva i ferri, o che un asino si rompeva una gamba, o che crollava un pezzo di galleria, si sapeva sempre che era stato lui; e infatti ei si pigliava le busse senza protestare, proprio come se le pigliano gli asini che curvano la schiena, ma seguitano a fare a modo loro.
Rosso Malpelo si fa egli stesso maestro ed oppressore di Ranocchio, un ragazzetto storpio ch’egli ha iniziato a “proteggere” a suo modo, “per un raffinamento di malignità” Quando Ranocchio si lamenta per le sue dure condizioni di vista, Malpelo reagisce violentemente:
Rosso Malpelo si fa egli stesso maestro ed oppressore di Ranocchio, un ragazzetto storpio ch’egli ha iniziato a “proteggere” a suo modo, “per un raffinamento di malignità” Quando Ranocchio si lamenta per le sue dure condizioni di vista, Malpelo reagisce violentemente:
Ora lo batteva senza un motivo e senza misericordia, e se Ranocchio non si difendeva, lo picchiava più forte, con maggiore accanimento, e gli diceva: “To’! Bestia! Bestia sei! Se non ti senti l’animo di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da questo e da quello!
COMMENTO
Non solo nei passi riportati, bensì per tutta la durata della novella, il narratore risulta essere assolutamente impietoso nei confronti del protagonista, interpretando le sue azioni come "senza motivo e senza misericordia" e non facendo alcuno sforzo per comprenderle. Il narratore, dunque, regredito al punto di vista della collettività, presenta le vicende di Malpelo filtrate attraverso quella visione e quel sistema di valori, assolutamente primitivi e rozzi, riportandoci una realtà inattendibile.- LO STRANIAMENTO
In questo sistema distorto e perverso, Malpelo è di fatto un escluso sia nel mondo degli affetti familiari sia in quello dei rapporti di forza lavorativi. Il suo destino non può che essere quello di uno sconfitto, né il pessimismo verghiano può credere a prospettive di felicità all’interno della logica spietatamente economica che descrive:
“Il certo era che nemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai”.
“Così ci sono degli asini che lavorano nelle cave per anni ed anni senza uscirne mai più [...]. Sono asini vecchi, è vero, comprati dodici o tredici lire, quando stanno per portarli alla Plaja, a strangolarli; ma pel lavoro che hanno da fare laggiù sono ancora buoni; e Malpelo, certo, non valeva di più”.
COMMENTO
Dal momento che, come abbiamo dimostrato precedentemente, la prospettiva del narratore riflette quella di un mondo “basso” e materialistico, i valori e i sentimenti del protagonista, che dovrebbero essere “normali”, vengono interpretati come “strani”. Ecco, quindi, che il valore stesso di un ragazzo come Malpelo viene misurato con la scala della logica economica utilitaristica, paragonato a quello di un vecchio asino. Questo artificio di “straniamento” viene adoperato in particolar modo da Verga attraverso una serie di congiunzioni che introducono causali e consecutive, che diventano però false causali e false consecutive (come il “quindi” evidenziato nel passaggio sopra riportato). Questa tecnica narrativa riflette il forte pessimismo verghiano nella misura in cui i valori e i sentimenti vengono negati e mostrati come impraticabili nel contesto descritto.
- LO STRANIAMENTO ROVESCIATO
Quando viene rinvenuto il cadavere del padre, sepolto tempo prima da una frana nella cava. Nel momento in cui il ragazzo mostra dei segni d’affetto per l’unica persona che gli ha voluto bene, conservandone gelosamente le scarpe e gli arnesi di lavoro, la comunità popolare giudica negativamente il suo atteggiamento, imputandolo alle sue “idee strane”:
Ei possedeva delle idee strane, Malpelo! Siccome aveva ereditato anche il piccone e la zappa del padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo pesanti per l'età sua; e quando gli avevano chiesto se voleva venderli, che glieli avrebbero pagati come nuovi, egli aveva risposto di no.
COMMENTO
Siccome il punto di vista del narratore coincide con una collettività gretta e meschina, si può osservare che ciò che dovrebbe apparire "strano" viene percepito come "normale". Ad essere "strane" sembrano quindi essere le idee di Malpelo il quale, conservando un attaccamento alle reliquie del padre, si discosta dalla logica puramente utilitaristica del narratore e di chi il narratore rappresenta. Questa tecnica viene definita da Luperini come "straniamento rovesciato" e denuncia lo stravolgimento profondo che domina nella visione del mondo di quell'ambiente e nei rapporti sociali che lo regolano.
LA VISIONE PESSIMISTICA DI MALPELO.
“«È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi!». [...] Il povero Ranocchio era più di là che di qua, e sua madre piangeva e si disperava come se il suo figliolo fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana. Cotesto non arrivava a comprendere Malpelo, e domandò a Ranocchio perché sua madre strillasse a quel modo, mentre che da due mesi ei non guadagnava nemmeno quel che si mangiava”.
COMMENTO
Nella seconda parte del racconto l’effetto di deformazione e straniamento finora descritto sfuma e il punto di vista di Malpelo riesce a esplicitarsi nei suoi discorsi diretti e indiretti, quando quindi è il personaggio stesso a parlare e le sue parole non possono essere filtrate dal narratore. La filosofia di Malpelo è profondamente pessimistica, in quanto riconosce ed ammette che l'unica legge che domina la realtà è la legge del più forte: chi è debole è destinato a soffrire, al punto che la morte diventa preferibile a tutto quel dolore.
- LA CONSAPEVOLEZZA DELL'EROE.
«A che giova? Sono malpelo!» e nessuno avrebbe potuto dire se quel curvare il capo e le spalle sempre fosse effetto di bieco orgoglio o di disperata rassegnazione, e non si sapeva nemmeno se la sua fosse salvatichezza o timidità.
Per Malpelo, la prospettiva della morte diventa cessazione delle proprie sofferenze,così com’è stato per l’asino grigio della cava, morto dopo una vita di sofferenze, che “se ne ride dei colpi e delle guidalesche” e per Ranocchio, condannato dalla tubercolosi . Abbandonato anche dalla madre e dalla sorella, al protagonista non resta che adeguarsi in tutto e per tutto al proprio destino di “diverso” e di reietto, accettando una rischiosa missione esplorativa nella cava in cui è morto il padre. Ciò significa per Malpelo porre fine alle proprie sofferenze, e dare un senso alla tragedia silenziosa che ha vissuto:
Quando lo mandarono per quella esplorazione si risovvenne del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina e cammina ancora al buio gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo; ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, e il fiasco del vino, e se ne andò; né più si seppe nulla di lui.
COMMENTO
Malpelo si configura come eroe della vicenda perché riesce a cogliere i meccanismi che regolano il mondo senza alcuna ipocrisia, a differenza degli altri personaggi che li vivono in maniera inconsapevole, e ne nasce un “orgoglio” che lo distingue dal mondo in cui vive. Egli, pur essendo un semplice minatore, è presentato come un eroe intellettuale: basandosi il mondo sulla legge del più forte ed essendo lui un diverso, a Malpelo non resta che arrendersi al suo destino e, sul finale, porre fine alla sua sofferenza. La storia ha un impianto circolare come la realtà rappresentata.
LA PROIEZIONE DEL PESSIMISMO VERGHIANO.
[...] e Malpelo allora confidava a Ranocchio: «L’asino va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi». Oppure: «Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi: così coloro su cui cadranno ti terranno per da più di loro, e ne avrai tanti di meno addosso».
Così si persero persino le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abbassano la voce quando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di vederselo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.
COMMENTO
Nella vicenda di rosso Malpelo e nel suo "sistema filosofico" è facile individuare il marchio e l'impronta dell'autore. In contrapposizione con il resto della novella, i discorsi del protagonista sono gli unici a non essere sottoposti al meccanismo dello straniamento e, anzi, sono carichi della consapevolezza di una realtà materialistica e pessimistica. La novella finisce senza alcuna alternativa come proposta, ma Verga, come il suo Malpelo, conserva un distacco conoscitivo nei confronti della realtà che gli consente di rappresentarla in maniera tanto lucida e spietata.
- Imma Borrelli, VCg
- Imma Borrelli, VCg