martedì 20 dicembre 2016

Ruolo del Narratore in "Rosso Malpelo" - Giovanni Verga


  • IL NARRATORE A LIVELLO DEI PERSONAGGI.                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre col sentirgli dir sempre a quel modo aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo      
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
COMMENTO

Il famoso incipit del racconto, condotto alla maniera verista secondo una voce collettiva non meglio identificata ed identificabile, serve  a chiarire sin da subito la prospettiva attraverso cui viene narrata la vicenda di Malpelo.
Verga insomma, per usare l' espressione del critico Guido Baldi, “regredisce” volutamente al livello della mentalità popolare per riprodurne la visione del mondo (che ritiene Malpelo “malizioso e cattivo”, e quindi rosso di capelli) e le convenzioni linguistiche, come la preferenza per la sintassi paratattica che abolisce i nessi subordinanti, la ricorrenza del “che” con molteplici funzioni logiche, la mimesi del parlato (e cioè l'imitazione della sintassi e dell'andamento logico del registro orale) e l’uso insistito di proverbi e modi di dire tipici del siciliano.                                                                                                                                                                                     


  •  L'INATTENDIBILITA' DEL NARRATORE.                                                                                                                                                                                                


Dopo la morte del babbo pareva che gli fosse entrato il diavolo in corpo, e lavorava al pari di quei bufali feroci che si  tengono coll’anello di ferro al naso. Sapendo che era malpelo, ei s’acconciava ad esserlo peggio che fosse possibile, e se accadeva una disgrazia, o che un operaio smarriva i ferri, o che un asino si rompeva una gamba, o che crollava un pezzo di galleria, si sapeva sempre che era stato lui; e infatti ei si pigliava le busse senza protestare, proprio come se le pigliano gli asini che curvano la schiena, ma seguitano a fare a modo loro.

Rosso Malpelo si fa egli stesso maestro ed oppressore di Ranocchio, un ragazzetto storpio ch’egli ha iniziato a “proteggere” a suo modo, “per un raffinamento di malignità”  Quando Ranocchio si lamenta per le sue dure condizioni di vista, Malpelo reagisce violentemente:

Ora lo batteva senza un motivo e senza misericordia, e se Ranocchio non si difendeva, lo picchiava più forte, con maggiore accanimento, e gli diceva: “To’! Bestia! Bestia sei! Se non ti senti l’animo di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da questo e da quello!

COMMENTO

Non solo nei passi riportati, bensì per tutta la durata della novella, il narratore risulta essere assolutamente impietoso nei confronti del protagonista, interpretando le sue azioni come "senza motivo e senza misericordia" e non facendo alcuno sforzo per comprenderle. Il narratore, dunque, regredito al punto di vista della collettività, presenta le vicende di Malpelo filtrate attraverso quella visione e quel sistema di valori, assolutamente primitivi e rozzi, riportandoci una realtà inattendibile.


  • LO  STRANIAMENTO                                                                                                                                                                                  

In questo sistema distorto e perverso, Malpelo è di fatto un escluso sia nel mondo degli affetti familiari sia in quello dei rapporti di forza lavorativi. Il suo destino non può che essere quello di uno sconfitto, né il pessimismo verghiano può credere a prospettive di felicità all’interno della logica spietatamente economica che descrive:

 “Il certo era che nemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai”.
“Così ci sono degli asini che lavorano nelle cave per anni ed anni senza uscirne mai più [...]. Sono asini vecchi, è vero, comprati dodici o tredici lire, quando stanno per portarli alla Plaja, a strangolarli; ma pel lavoro che hanno da fare laggiù sono ancora buoni; e Malpelo, certo, non valeva di più”.

 COMMENTO

Dal momento che, come abbiamo dimostrato precedentemente, la prospettiva del narratore riflette quella di un mondo “basso” e materialistico, i valori e i sentimenti del protagonista, che dovrebbero essere “normali”, vengono interpretati come “strani”. Ecco, quindi, che il valore stesso di un ragazzo come Malpelo viene misurato con la scala della logica economica utilitaristica, paragonato a quello di un vecchio asino. Questo artificio di “straniamento” viene adoperato in particolar modo da Verga attraverso una serie di congiunzioni che introducono causali e consecutive, che diventano però false causali e false consecutive (come il “quindi” evidenziato nel passaggio sopra riportato). Questa tecnica narrativa riflette il forte pessimismo verghiano nella misura in cui i valori e i sentimenti vengono negati e mostrati come impraticabili nel contesto descritto.



  • LO STRANIAMENTO ROVESCIATO


 Quando viene rinvenuto il cadavere del padre, sepolto tempo prima da una frana nella cava. Nel momento in cui il ragazzo mostra dei segni d’affetto per l’unica persona che gli ha voluto bene, conservandone gelosamente le scarpe e gli arnesi di lavoro, la comunità popolare giudica negativamente il suo atteggiamento, imputandolo alle sue “idee strane”:

Ei possedeva delle idee strane, Malpelo! Siccome aveva ereditato anche il piccone e la zappa del padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo pesanti per l'età sua; e quando gli avevano chiesto se voleva venderli, che glieli avrebbero pagati come nuovi, egli aveva risposto di no.

COMMENTO


Siccome il punto di vista del narratore coincide con una collettività gretta e meschina, si può osservare che ciò che dovrebbe apparire "strano" viene percepito come "normale". Ad essere "strane" sembrano quindi essere le idee di Malpelo il quale, conservando un attaccamento alle reliquie del padre, si discosta dalla logica puramente utilitaristica del narratore e di chi il narratore rappresenta. Questa tecnica viene definita da Luperini come "straniamento rovesciato" e denuncia lo stravolgimento profondo che domina nella visione del mondo di quell'ambiente e nei rapporti sociali che lo regolano.

LA VISIONE PESSIMISTICA DI MALPELO.

 “«È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi!». [...] Il povero Ranocchio era più di là che di qua, e sua madre piangeva e si disperava come se il suo figliolo fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana. Cotesto non arrivava a comprendere Malpelo, e domandò a Ranocchio perché sua madre strillasse a quel modo, mentre che da due mesi ei non guadagnava nemmeno quel che si mangiava”.

COMMENTO

Nella seconda parte del racconto l’effetto di deformazione e straniamento finora descritto sfuma e il punto di vista di Malpelo riesce a esplicitarsi nei suoi discorsi diretti e indiretti, quando quindi è il personaggio stesso a parlare e le sue parole non possono essere filtrate dal narratore. La filosofia di Malpelo è profondamente pessimistica, in quanto riconosce ed ammette che l'unica legge che domina la realtà è la legge del più forte: chi è debole è destinato a soffrire, al punto che la morte diventa preferibile a tutto quel dolore.



  • LA CONSAPEVOLEZZA DELL'EROE.


«A che giova? Sono malpelo!» e nessuno avrebbe potuto dire se quel curvare il capo e le spalle sempre fosse effetto di bieco orgoglio o di disperata rassegnazione, e non si sapeva nemmeno se la sua fosse salvatichezza o timidità.

Per Malpelo, la prospettiva della morte diventa cessazione delle proprie sofferenze,così com’è stato per  l’asino grigio della cava, morto dopo una vita di sofferenze, che “se ne ride dei colpi e delle guidalesche” e per Ranocchio, condannato dalla tubercolosi . Abbandonato anche dalla madre e dalla sorella, al protagonista non resta che adeguarsi in tutto e per tutto al proprio destino di “diverso” e di reietto, accettando una rischiosa missione esplorativa nella cava in cui è morto il padre. Ciò significa per Malpelo porre fine alle proprie sofferenze, e dare un senso alla tragedia silenziosa che ha vissuto:

Quando lo mandarono per quella esplorazione si risovvenne del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina e cammina ancora al buio gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo; ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, e il fiasco del vino, e se ne andò; né più si seppe nulla di lui.

COMMENTO

Malpelo si configura come eroe della vicenda perché riesce a cogliere i meccanismi che regolano il mondo senza alcuna ipocrisia, a differenza degli altri personaggi che li vivono in maniera inconsapevole, e ne nasce un “orgoglio” che lo distingue dal mondo in cui vive. Egli, pur essendo un semplice minatore, è presentato come  un eroe intellettuale: basandosi il mondo sulla legge del più forte ed essendo lui un diverso, a Malpelo non resta che arrendersi al suo destino e, sul finale, porre fine alla sua sofferenza. La storia ha un impianto circolare come la realtà rappresentata.

LA PROIEZIONE DEL PESSIMISMO VERGHIANO.                                                                                                                                                    
[...] e Malpelo allora confidava a Ranocchio: «L’asino va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi». Oppure: «Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi: così coloro su cui cadranno ti terranno per da più di loro, e ne avrai tanti di meno addosso».

Così si persero persino le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abbassano la voce quando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di vederselo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.

COMMENTO

Nella vicenda di rosso Malpelo e nel suo "sistema filosofico" è facile individuare il marchio e l'impronta dell'autore. In contrapposizione con il resto della novella, i discorsi del protagonista sono gli unici a non essere sottoposti al meccanismo dello straniamento e, anzi, sono carichi della consapevolezza di una realtà materialistica e pessimistica. La novella finisce senza alcuna alternativa come proposta, ma Verga, come il suo Malpelo, conserva un distacco conoscitivo nei confronti della realtà che gli consente di rappresentarla in maniera tanto lucida e spietata.



                                                                         - Imma Borrelli, VCg

Tecniche di Rappresentazione in "Rosso Malpelo" - Giovanni Verga



TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE.

  • Discorso indiretto libero



Sono asini vecchi, è vero, comprati dodici o tredici lire, quando stanno per portarli alla Plaja, a strangolarli; ma pel lavoro che hanno da fare laggiù sono ancora buoni; e Malpelo, certo, non valeva di più; se veniva fuori dalla cava il sabato sera, era perché aveva anche le mani per aiutarsi colla fune, e doveva andare a portare a sua madre la paga della settimana.

D'ora in poi, se lo battevano, a loro non importava più nulla, e a lui nemmeno, ché quando sarebbe divenuto come il grigio o come Ranocchio, non avrebbe sentito più nulla.”


Verga utilizza a più riprese il discorso indiretto libero all’interno della novella e questa tecnica, tipica del romanzo otto-novecentesco, è stata interpretata come un meccanismo volto a presentare la psicologia dei personaggi in maniera esplicita e allo stesso tempo sottile. Attraverso tale procedimento il punto di vista assunto è quello del personaggio, mentre la voce è quella del narratore, che ne riproduce il modo di parlare e di conseguenza la visione del mondo.

……………………………………………………………………………………………………………………..

2) Stile denotativo, che riporta  fatti e situazioni in modo oggettivo



“ Fuori della cava il cielo formicolava di stelle, e laggiù la lanterna fumava e girava al pari di un arcolaio. Il grosso pilastro rosso, sventrato a colpi di zappa, contorcevasi e si piegava in arco, come se avesse il mal di pancia, e dicesse ohi! anch'esso. Malpelo andava sgomberando il terreno, e metteva al sicuro il piccone, il sacco vuoto ed il fiasco del vino.”
 “O se Ranocchio si asciugava il sangue che gli usciva dalla bocca e dalle narici: - Così, come ti cuocerà il dolore delle busse, imparerai a darne anche tu! - Quando cacciava un asino carico per la ripida salita del sotterraneo, e lo vedeva puntare gli zoccoli, rifinito, curvo sotto il peso, ansante e coll'occhio spento, ei lo batteva senza misericordia, col manico della zappa, e i colpi suonavano secchi sugli stinchi e sulle costole scoperte. Alle volte la bestia si piegava in due per le battiture, ma stremo di forze, non poteva fare un passo, e cadeva sui ginocchi, e ce n'era uno il quale era caduto tante volte, che ci aveva due piaghe alle gambe.”



Lo stile del testo in esame è denotativo poiché Verga si limita a” registrare” i fatti, in pieno spirito verista e positivista, presentando al lettore la dura e crudele realtà delle cave siciliane. All’ interno della novella questo tipo  di stile emerge soprattutto nei passi più crudi, come la descrizione della morte di Mastro Misciu e della malattia di Ranocchio.  
……………………………………………………………………………………………………………………….

3) Similitudini, volte ad assimilare il personaggio di Rosso Malpelo ad un animale o a una delle bestie da soma della cava



Le similitudini volte ad assimilare Rosso Malpelo ad un animale sono diverse:



“ come un cane rognoso ” (riga 11), “ bestie sue pari ”(riga 16),…



 Il personaggio in questione ormai non si vede più come un essere umano, in quanto nessuno lo ha mai trattato come tale, eccezion fatta per il padre, anch’egli chiamato “bestia”. Come un animale lavora e vive : infatti dorme su un sacco e, come un cane randagio e affamato, viene scacciato da tutti.



La presenza di questo tipo di similitudini è coerente con la visione materialistica di Verga( influenzata, tra l’altro, da Darwin) secondo cui l’uomo non è nient’altro che un animale.
……………………………………………………………………………………………………………………….

4) Linguaggio risultato dalla fusione di lingua italiana ed espressioni, elementi sintattici, locuzioni, immagini e similitudini mutuati dalla parlata regionale siciliana.



Il linguaggio utilizzato all’interno di questa novella è dato dalla fusione di lingua italiana ed elementi della parlata regionale siciliana, basti pensare alle espressioni
“ è meglio andare a fare l’avvocato” (riga 39), oppure  “s’era fatta sposa” (riga 20) , entrambe di origine dialettale. L’utilizzo di queste immagini tratte dal mondo popolare contribuisce a calare il lettore all’interno della realtà del tempo.
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

5) Lessico costituito da vocaboli italiani o derivati dal dialetto


 

Il lessico utilizzato da Verga all’interno della novella presenta sia, chiaramente, termini italiani, sia altri derivati dal dialetto, come “tarì” (riga 103)  . Questa commistione di lingue diverse è giustificata dal fatto che l’autore voleva sì che la novella fosse realistica, ma anche comprensibile a tutti gli italiani.
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

 6) Termini veramente dialettali, in particolare appellativi e soprannomi per es. Zio Mommu, Mastro Misciu



All’interno della novella si possono trovare termini veramente dialettali, oltre agli appellativi e ai soprannomi. Infatti, parole come ”minchione” (riga 29) e “sciara” (riga 191) sono tipicamente siciliani e spesso difficilmente traducibili. L’uso di questi vocaboli contribuisce ulteriormente a rendere la novella realistica.

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….



7) Lessico della miniera



Molti termini fanno parte del lessico della miniera. Parole come “ingrottato” (riga 26), “carra”  (riga 27) o “appalto”  (riga 46) sono tra le tante legate al mondo delle cave di sabbia siciliane in cui l’autore vuole far calare il lettore. La presenza di questi vocaboli denota anche gli studi che Verga ha fatto intorno a questo mondo per poterlo descrivere più chiaramente: infatti le cifre riportate dall’autore sulle ricompense dei minatori sono fedeli al vero e si rifanno ai dati raccolti da Franchetti e Sonnino nell’Inchiesta in Sicilia. Lo scrittore inoltre riprende da questi testi e attraverso le parole di Malpelo la polemica contro gli scarsi salari e l’eccessivo sfruttamento dei lavoratori nelle zolfatare.
………………………………………………………………………………………………………………………………

8) Termini riferibili all’area semantica delle sensazioni di dolore e di disagio



Sono presenti numerosi termini riferiti all’area semantica delle sensazioni di dolore e di disagio, come si può notare anche dall’uso assai frequente del termine ”bestia”.


La scelta dell’autore di utilizzare queste parole è legata soprattutto al fatto che il tema della novella è legato alla morte e ad una visione atea e materialistica della vita, tant’è che Malpelo arriva ad affermare che sarebbe meglio non essere mai nati.
………………………………………………………………………………………………………………………………..

9) Periodi piuttosto lunghi, composti da proposizioni collegate per coordinazione



“Però il padrone della cava aveva confermato che i soldi erano tanti e non più, e in coscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti, e che tutti schivavano come un can rognoso, e lo accarezzavano coi piedi, allorché se lo trovavano a tiro.”
“Allora stendeva le braccia a destra e a sinistra, e descriveva come l'intricato laberinto delle gallerie si stendesse sotto i loro piedi all'infinito, di qua e di là, sin dove potevano vedere la sciara nera e desolata, sporca di ginestre riarse, e come degli uomini ce n'erano rimasti tanti, o schiacciati, o smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora, senza poter scorgere lo spiraglio del pozzo pel quale sono entrati, e senza poter udire le strida disperate dei figli, i quali li cercano inutilmente.”
All’interno della novella vengono utilizzati periodi piuttosto lunghi e con prevalenza di paratassi; di conseguenza il ritmo della vicenda è in alcuni punti molto concitato, specialmente nei momenti drammatici e dolorosi e quando l’autore mima la parlata dei vari personaggi (discorso indiretto libero).
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..


                                                                                  - Rossella Rosa Martinelli, VCg

SCRITTURA CREATIVA - Incontro tra Verga e Petronio.

Era notte fonda, ma ancora si cantava e si ballava alla festa del paese, quella organizzata dall’uomo più ricco della città, il sindaco, per garantirsi i voti dell’intera comunità alle prossime elezioni. Lui lo vide per la prima volta seduto in mezzo alla folla, intento a guardare divertito le donne ballare, mentre si appoggiavano l’una all’altra per non cadere, brille com’erano per il troppo vino servito a tavola. Gli si avvicinò in silenzio, com’era suo solito, e si sedette al posto libero accanto a lui.
“Serata piacevole, non trovate?”. Ben poco sfuggiva a Gaio Petronio, che si accorse subito della curiosità con cui il nuovo arrivato lo stava studiando. L’uomo gli sorrise, affabile “un po’ troppo per i miei gusti, ma non mi posso lamentare. Ma lasciate che mi presenti: sono Giovanni Verga”. Petronio sorrise furbamente “io so chi è lei, come lei sa già chi sono io. Lei lavora per il giornale, non è così, signor Verga?”.
Verga spostò lo sguardo dal suo interlocutore alla sala gremita di persone prima di rispondere. C’era chi ballava, chi cantava, in completo stato di ebbrezza, mentre camerieri con vassoi ricolmi di pietanze raffinate o di sottili calici di alcolici circolavano nell’enorme sala. Tutti erano vestiti con estrema cura, elegantissimi: le donne, in lunghi vestiti da sera, sfoggiavano quanti più gioielli possibile, mentre gli uomini, nel loro smoking migliore, avevano tutti costosi orologi al polso. Verga si girò di nuovo a guardare Petronio negli occhi, alzando le sopracciglia “esatto. Sono stato inviato qui per un resoconto completo e soprattutto dettagliato di questa serata. Sul biglietto c’è scritto che è una serata per beneficenza, in cosa consiste esattamente? Il ricavato andrà interamente in beneficenza?”.
L’uomo si allungò per prendere un altro calice di vino, ridendo “sarebbe molto comodo poterlo credere davvero, non è così, caro amico? Ma io ho i miei seri dubbi riguardo a ciò”. 
Verga, senza nemmeno volerlo, si protese verso Petronio, ansioso di saperne di più. “Sta dicendo che il sindaco intasca il ricavato e lo utilizza per scopi personali?”.
“È un’accusa grave, detta così” rispose subito Petronio “e io non ho la minima intenzione di puntare il dito contro l’uomo più potente della città. Mi accontento di starmene seduto qui, a bere vino e osservare quelle pessime ballerine, per poi riderne con mia moglie una volta a casa, o con lei qui, dato che mi si è presentata l’occasione”.
Verga lo guardò con gli occhi spalancati “ma per dire una cosa simile, significa che deve avere delle prove, deve sapere qualcosa. Me lo dica! C’è bisogno di denunciare questi fatti, rendere la questione di dominio pubblico. Qui si ostenta ricchezza e lusso mentre non si fa nulla per aiutare chi ne ha bisogno”.
Petronio fece un sospiro profondo, poi esordì lentamente “lei, signore, è certamente ammirabile nella sua determinazione alla denuncia, ma deve sapere che io non la penso allo stesso modo. Certo, è divertente ridere alle spalle di tutte queste persone con la puzza sotto il naso che mangiano caviale mentre si vantano di aiutare il prossimo, ma non voglio problemi. Appena la festa finirà, infatti, mi alzerò e tranquillamente tornerò alla mia villa, dove c’è il camino acceso e un comodo letto ad aspettarmi. Le consiglio di fare lo stesso”.
Verga scattò in piedi “non posso rimanere in silenzio mentre tutto ciò accade sotto al mio naso, non ci riesco. Cercherò, chiederò in giro, analizzerò dati e vecchi registri fino a che non potrò fornire alla gente la verità e nient’altro che la verità, glielo devo”.
Petronio sorrise “lei può anche convincersi che in qualità di giornalista lo deve alla gente, ma sappia che io in qualità di persona non devo niente a nessuno, se non a me stesso”. 

Clarissa Acanfora – VCg 

Il Ritratto di Fortunata, Moglie di Trimalcione

LA PAROLA AL TESTO

FORTUNATA, LA MOGLIE DI TRIMALCIONE.



                             
                                                            (Satyricon 37 )

        Non potui amplius quicquam gustare, sed conuersus ad eum, ut quam plurima 
exciperem, longe accersere fabulas coepi sciscitarique, quae esset mulier illa, quae
 atque illuc discurreret. Vxor, inquit, Trimalchionis, Fortunata appellatur, quae
 nummos modio metitur. Et modo, modo quid fuit? Ignoscet mihi genius tuus,
 noluisses de manu illius panem accipere. Nunc, nec quid nec quare, in caelum abiit et
 Trimalchionis topanta est. Ad summam, mero meridie si dixerit illi tenebras esse,
 credet. Ipse nescit quid habeat, adeo saplutus est; sed haec lupatria prouidet omnia,
 et ubi non putes. Est sicca, sobria, bonorum consiliorum: tantum auri uides.
 Est tamen malae linguae, pica puluinaris. Quem amat, amat; quem non amat, non amat.
 Ipse Trimalchio fundos habet, quantum milui euolant, nummorum nummos. Argentum
 in ostiarii illius cella plus iacet, quam quisquam in fortunis habet. Familia uero
 babae babae! non mehercules puto decumam partem esse quae dominum suum
 nouerit. Ad summam, quemvis ex istis babaecalis in rutae folium coniciet. 

       
 A questo punto persi completamente l’appetito, ma, voltatomi verso il commensale dal quale potevo ricavare il maggior numero di informazioni, presi a farmi raccontare pettegolezzi ed a chiedergli chi mai fosse quella donna che si vedeva passare di qua e di là. Quella – mi disse – è la moglie di Trimalcione, si chiama Fortunata, e misura le monete a palate. E poco fa cos’era ? Mi perdoni il tuo genio, ma non avresti voluto prender dalle sue mani neppure un pezzo di pane. Ora, non chiedermi come, è salita fino al cielo ed è il tuttofare di Trimalcione. Per farti un esempio, se a mezzogiorno in punto gli dicesse che è notte, lui le crederebbe. Lui non sa nemmeno quanto possiede, tanto è ricco sfondato; ma questa arpia bada a tutto, e persino dove non penseresti. E’ parca, sobria e sempre piena di buoni consigli: vale tanto oro quanto pesa. Ma ha una linguaccia, ed è una vera gazza (?). Chi ama, ama; ma se non ti ama, non ti ama. Lo stesso Trimalcione ha possedimenti che si estendono per quanto è lungo il volo dei nibbi: e soldi a palate. C’è più argenteria nella casupola del suo portiere di quanta ve ne possa essere nel patrimonio di qualcuno. E i servi, poi, cavolo ! Per Ercole, credo che nemmeno un decimo di loro conosca il padrone. Per farla breve, tutti questi cretini spacconi al suo confronto possono andare a nascondersi.



SINTASSI: STRUTTURE PARATATTICHE

                  FRASI BREVI, COORDINATE PER ASINDETO.

  LESSICO :GRECISMI

                  TERMINI VOLGARI

                   INTERIEZIONI

ESPRESSIONI COLLOQUIALI
ESPRESSIONI PROVERBIALI
FIGURE RETORICHE


Nec  est quod putes illum quicquam emere. Omnia domi nascuntur: lana,
 credrae, piper: lacte gallinaceum si quaesieris, inuenies. Ad summam, parum
 illi bona lana nascebatur; arietes a Tarento emit, et eos culauit in gregem. Mel
 Atticum ut domi  nasceretur, apes ab Athenis iussit afferri; obiter et
uernaculae quae sunt, meliusculae a Graeculis fient. Ecce intra hos dies
scripsit, ut illi ex India semen boletorum mitteretur. Nam mulam quidem
nullam habet, quae non ex onagro nata sit. Vides tot culcitras: nulla non aut
conchyliatum aut coccineum tomentum habet. Tanta est  animi beatitudo!

          E non ti credere che compri qualcosa. Gli cresce tutto in casa: lana, cedri, pepe. E se gli chiedi latte
 di gallina, lui te lo trova. Per fartela breve, visto che la lana di sua produzione non era un granché, ha acquistato a Taranto dei montoni fuoriclasse e li ha messi a montare il gregge. Un’altra volta, per avere miele dell’Attica in casa, ha ordinato che gli portassero le api dall’Attica, in modo che le api nostrane migliorassero un po’ stando insieme alle greche. Addirittura in questi giorni ha scritto in India che gli spediscano il seme dei funghi. Non ha una sola mula che non sia figlia di un onagro. Guarda quanti cuscini: ebbene, sono tutti imbottiti con porpora o scarlatto. Il massimo dell’estasi  spirituale. 





                                                                                IL RITRATTO DI FORTUNATA.


Si evincono ,dalla descrizione di Fortunata nel brano, elementi peculiari delle due tipologie di donne nell'età neroniana: l'intraprendenza di alcune "donne in carriera" e la decadenza, soprattutto dell'aristocrazia, delle matrone romane.
Petronio nella sua descrizione cerca di riprodurre il modo di parlare di un uomo di cultura non elevata. Abbiamo dunque un esempio di sermo vulgaris  ricco di volgarismi e familiarismi. A livello sintattico il brano è caratterizzato dalla paratassi, con frasi brevi e staccate; da notare la ripetizione di una formula di passaggio tipicamente colloquiale "ad summam". Rientrano nel linguaggio popolare le espressioni proverbiali : nummos medio metitur; noluisses de manu illius; tantum auri vides;lacte gallinaceum. Il lessico presenta termini volgari (lupatria), frequenti grecismi che suggeriscono l'origine del liberto e vere e proprie interiezioni.
Tutti questi elementi analizzati contribuiscono a far emergere  il "realismo" di Petronio. "Realismo" basato sulla descrizione precisa dell'ambiente sociale : l'autore riproduce gli ambienti a lui contemporanei raggiungendo così il limite estremo a cui sia arrivato il realismo antico. Tuttavia la descrizione dell' autore manca di problematicità riducendosi ad una rappresentazione del tutto comica. Nel realismo antico,infatti,manca il coinvolgimento sociale e  il rapporto con il contesto storico in quanto questo potrebbe avvenire soltanto entro la cornice del serio e del problematico.



                                                                  - Annamaria Ferrentino, VCG
                                                     - Rossella Alfano, VCg